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Oro sopra 1.800 dollari, a trainare solo gli acquisti record di Etf

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20 Luglio 2020 Uncategorized orecad

Più che di corsa all’oro si dovrebbe parlare di tiro alla fune. Il lingotto è finalmente riuscito ad abbattere con decisione la barriera dei 1.800 dollari l’oncia, sfiorando quota 1.820 dollari a Londra e 1.830 dollari a New York: uno slancio che dal punto di vista tecnico apre la strada verso un nuovo record storico, sopra i 1.921 dollari raggiunti nel 2011.

A trainare il rally ci sono però soltanto gli investimenti e in particolare gli acquisti di Etf, che proseguono da mesi a ritmi senza precedenti, con una forza tale da contrastare la debolezza – altrettanto evidente – di ogni altra fonte di domanda.

I consumi fisici in gioielleria stentano infatti a riprendersi dopo essere stati quasi azzerati dal coeronavirus in Asia e il recente aumento dei prezzi non gioca certo a favore: complici le difficoltà economiche di molte famiglie, non solo gli acquisti rimangono stagnanti, ma sta aumentando l’offerta di oro vecchio.

Persino l’accumulo di riserve auree da parte delle banche centrali sta rallentando: a maggio in pratica hanno comprato oro solo Turchia e Uzbekistan.

Ma per gli Etf sull’oro non c’è stato alcun effetto Covid. Anzi. Il patrimonio a giugno è cresciuto per il settimo mese consecutivo, di ben 104 tonnellate, creando nei caveau delle banche (soprattutto di Londra, Zurigo e New York) una montagna di lingotti di dimensioni mai viste: 3.620 tonnellate secondo il World Gold Council (Wgc), più di quanto ne abbiano prodotto l’anno scorso tutte le miniere del mondo.

A lasciare davvero a bocca aperta sono però i dati a consuntivo del primo semestre, che mostrano acquisti netti per 734 tonnellate, corrispondenti a 39,5 miliardi di dollari: un incremento del 25% del gestito, che sia in volume che in valore s upera quello registrato nell’intero 2009, anno record per gli Etf sull’oro.

Anche i magazzini del Comex, la borsa dei futures di New York, hanno attirato quantità record di lingotti, dopo che i prezzi hanno sorpassato quelli della piazza londinese: ben 730 tonnellate da fine di marzo, un afflusso che non si era mai verificato nella storia.

Ma il vero motore della domanda di oro da investimento non è in Borsa. Il riposizionamento degli hedge funds sul fronte rialzista è recente e a fine giugno stava già perdendo vigore. E comunque l’esposizione netta lunga degli speculatori rimane inferiore del 37% rispetto al picco di febbraio, fa notare Saxo Bank.

L’oro, in rialzo di quasi il 20% quest’anno, mercoledì 8 luglio è riuscito a spingersi fino a 1.829,4 $ a New York e fino a 1.817,7 $ a Londra per la prima volta dal 2011. Ma potrebbe fare molto di più se la domanda in Asia non fosse così depressa: la China Gold Association si aspetta vendite ridotte del 30% quest’anno nel Paese e in India – l’altro gigante dei consumi auriferi – non va meglio. Ad aprile e maggio, con il lockdown, le importazioni indiane erano diminuite addirittura del 99%.

Il coronavirus, che ha frenato i consumi fisici di oro, ha comunque giocato un ruolo importante anche nel boom di investimenti (fenomeno questo limitato all’Occidente). In parte sono la paura della pandemia e l’incertezza per il futuro a spingere verso i beni rifugio, ma soprattutto ci sono le politiche monetarie delle banche centrali, divenute sempre più accomodanti per sorreggere l’economia dopo il Covid, e i piani di stimolo dei Governi, che potrebbero riaccendere tensioni sui prezzi al consumo.

I tassi di interesse reali (al netto dell’inflazione) sono già tornati negativi, con il decennale Usa sceso fino a -0,8%. La convinzione che la Federal Reserve finirà col ricorrere a strumenti di controllo della curva dei rendimenti per molti investitori è un ulteriore motivo per accumulare oro.

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